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Uno degli abbinamenti più classici da provare con il prosecco, in generale è quello con i formaggi. Anche il prosecco, infatti, proprio come i vini rossi e i vini bianchi fermi, hanno formaggi ideali con cui essere assaporati, e che esaltano le loro caratteristiche (e viceversa). Oggi vediamo quali sono i formaggi che meglio si adattano ad essere assaporati con il Prosecco.
I formaggi erborinati (pensiamo al classico Gorgonzola, ma anche ai francesi Roquefort e Blue D'Auvergne, o gli inglesi Blue Stilton e Shropshire), sono noti per essere piuttosto complessi e forti nei sapori. Hanno quindi bisogno di un vino che ne eguagli la loro struttura. Di solito infatti vengono abbinati con rossi importanti, come un Brunello di Montalcino, un Amarone della Valpolicella o un Barolo. Tuttavia non sempre questo accostamento piace, soprattutto ai palati più delicati, che trovano esagerato questo insieme di sapori. L'amaro dei formaggi erborinati può essere così smorzato da un vino bollicine dei migliori e più preziosi, come un Prosecco Millesimato. Un Prosecco infatti non va a sovrastare il gusto intenso del formaggio, ma al contempo ne addolcisce il retrogusto amarognolo. Il perlage di un Millesimato, inoltre, lascia aromi freschi ed inconfondibili al gusto, dati anche dalle tipiche caratteristiche semiaromatiche delle uve Glera. Ecco perché le note fruttate di un Prosecco (di pera, ma anche di frutti di bosco o mela matura) possono dare enorme risalto ai formaggi erborinati.
Chi non avesse l'ardire di tentare l'accostamento inedito tra formaggi erborinati e Prosecco può restare sul classico e abbinarlo ai formaggi freschi, sia di capra che di mucca. È il caso tipico di ricotta, robiola, ma anche stracchino o squacquerone. Le bollicine danno infatti vigore al sapore fresco del formaggio, anche di tipo semi stagionato, e lo rendono perfetto anche insieme ad altri stuzzichini o finger food per aperitivi. La parola d'ordine è: stuzzicare.
Un'altra idea di degustazione può essere quella di pasteggiare con un Prosecco, e berlo per un pranzo o una cena informali, insieme con formaggi affumicati quali un caciocavallo fumé, una provola, una scamorza, una caciotta della tradizione contadina. In questo caso la frizzantezza data dall'anidride carbonica va ad esaltare il sapore affumicato, proprio perché lo riequilibra.
Il Prosecco Docg di Conegliano Valdobbiadene si caratterizza per il giusto mix di aromaticità e di amarognolo sul finale. Ecco, proprio questa caratteristica, insieme alle immancabili bollicine, ne fa il compagno perfetto per un formaggio grasso come il Camembert. Le bollicine vanno infatti a portar fuori la cremosità del formaggio, rendendolo ancora più piacevole al palato. Bisogna dire poi che il risultato sarà diverso a seconda del grado zuccherino del Prosecco che viene scelto. Un consiglio se avete ospiti a tavola e desiderate fare bella figura? Servite un Camembert, un Brie o un Taleggio su un vassoio in legno, accanto ad uvetta di Corinto e frutti rossi essiccati. Accompagnate il tutto con un bel calice di Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene e lanciatevi in questa esperienza di gusto tutta da assaporare. E se volete farne invece una pietanza, provate a preparare un'insalata di Camembert con pere e pane nero, sempre con il nostro immancabile Prosecco.
In uno dei nostri precedenti articoli abbiamo parlato di come conservare il vino per più giorni una volta aperto. Questo perché può capitare di voler conservare il vino un po' più a lungo rispetto alla sola giornata di apertura e perché non tutti riescono sempre a terminare l'intero contenuto di una bottiglia in poco tempo. Ci eravamo soffermati sui metodi artigianali, da adottare a casa e senza strumentazioni particolari. In proposito c'è da dire che esistono degli strumenti professionali per conservare il vino: quelli consigliati dai sommelier, per intenderci. Scopriamo insieme quali sono e come vanno utilizzati.
Nessuna illusione: partiamo subito dicendo che un sommelier non vi consiglierebbe mai di lasciare aperta una bottiglia di buon vino per più di un giorno. Se però si pone una domanda su come poter conservare un vino importante allora i professionisti di questa bevanda potranno dare qualche dritta utile sugli strumenti da utilizzare. Voliamo alto: parliamo del Coravin. Si tratta di un metodo di conservazione del vino che viene insegnato anche nelle scuole per sommelier e non è altro che una bomboletta piena di gas Argon a cui viene collegato un ago che serve ad “attraversare” il tappo di sughero del vino che è già stato aperto. Proprio attraverso il tappo il Coravin (chiamato così dalla casa produttrice statunitense) inietta gas argon, il quale va a ripristinare l'equilibrio organolettico del vino. Una volta bucato, il foro sul tappo infatti si richiude da solo. In questo modo un vino già aperto può restare intatto nel sapore per diverso tempo. Perfetto per i fermi, soprattutto rossi, non è però un metodo adatto per i bollicine, e non è per tutte le tasche. Un Coravin modello basic infatti parte dai 150 euro in su (poi ci sono a parte i pezzi di ricambio).
Se non volete o potete spendere tanto per un oggetto deluxe da dedicare al vostro vino, l'alternativa “media” c'è e si chiama Private Preserve Spray. Essa adotta la stessa tecnica del Coravin, cioè Argon da iniettare all'interno della bottiglia di vino. A differenza del Coravin questo metodo può andar bene anche per i “bollicine” (come il Prosecco o il Lambrusco) e costa molto meno. Non ha però l'ausilio di un ago ma è una bomboletta dotata di una cannula che serve a spruzzare il gas. Con l'esperienza si riuscirà a capire quanto gas iniettare volta per volta nelle bottiglie. Il rischio infatti è quello di gasare troppo il vino. Se non volete di queste preoccupazioni, allora potete provare con il Cavevinum Dispenser, uno strumento che sa già quanto gas destinare a ciascuna bottiglia per mantenerne intatti sapori e odori per qualche giorno (una decina, di solito).
Vi sono infine i metodi meccanici, a metà strada tra i rimedi artigianali e le precauzioni da adottare (tappi particolari, cantinette) e i metodi chimici di conservazione. Tra questi non possiamo non citare almeno la Caraffa di Savino: una semplicissima caraffa all'apparenza, che però riesce a separare il vino dall'ossigeno, ritardando considerevolmente il processo di ossidazione. Per ottenere risultati migliori il vino va sversato nella caraffa appena aperto, o poche ore dopo l'apertura. Infine, due parole per quello che è un altro metodo, che però si trova a metà tra la meccanica e la chimica: il Nitro Tap. Si tratta di un tappo al nitrato (da cui il nome) collegato alla bottiglia da una bomboletta di azoto. Questo tappo speciale sembra essere il rimedio di elezione per conservare per qualche giorno in più i vini spumanti.
Nel nostro blog abbiamo sempre tante cose da dire sul Prosecco, il che già da tempo ci ha portato a concludere che si tratta di un vero e proprio mondo a parte. Oltre alla consumazione del Prosecco, al suo abbinamento con i cibi più adatti, alla sua storia e a specifici strumenti che servono per gustarlo al meglio, oggi vogliamo concentrarci sulla sua conservazione. Conservare un Prosecco (ma in generale un vino) nel modo sbagliato può infatti comprometterne la qualità. Sì, ma come fare per conservare nel migliore dei modi le nostre bollicine preferite? Vediamolo insieme, scoprendo tutti i segreti di quello che è un aspetto da non sottovalutare.
Lo diciamo subito: conservare una bottiglia di Prosecco in un frigorifero domestico non è una buona idea se si supera il mese di tempo. L'ambiente del frigo delle comuni cucine è troppo secco, il che tende a seccare il tappo di sughero e a rovinare, di conseguenza, le nostre bollicine, con un inevitabile appiattimento di profumi e sapori. L'ideale sarebbe avere perciò a disposizione una cantina in casa. In questo luogo possono infatti essere garantiti tutti gli standard di conservazione per un vino: giusto grado di umidità, temperatura ideale, livello di luce, non degradazione degli aromi, etc. Pochi però hanno a disposizione una cantina nella loro abitazione: soprattutto per chi vive in un condominio, ed è appassionato di vini, si tratta di un sogno! L'alternativa potrebbe allora essere un garage: anche in questi spazi i parametri di conservazione del Prosecco potrebbero essere rispettati, a patto che non si esponga il vino ai troppi odori di benzina delle auto o delle motociclette parcheggiate.
Ma se non si dispone neppure di un garage? In questo caso quale potrebbe essere una soluzione alternativa? Un'idea è quella di adibire una stanzetta in casa a cantinetta, o ancora riservare un piccolo angolo di una stanza alla conservazione del nostro Prosecco all'interno di una cantinetta elettrica. Se non hai mai sentito parlare di cantinette elettriche ti spieghiamo cosa sono.
Una cantinetta elettrica non è altro che un frigorifero speciale, appositamente progettato per conservare al meglio i vini. Esistono perciò moltissime tipologie di cantinette, anche a seconda del vino che vogliamo conservare: quelle per i bianchi sono ad esempio regolate diversamente rispetto ai rossi, e quelle per i bollicine (vini frizzanti, Prosecco o Champagne) avranno delle caratteristiche ancora diverse. In commercio ne esistono di tutti i tipi, per tutte le esigenze e di tutte le grandezze: dalle 6 fino alle 300 bottiglie, dipende dalla quantità di spazio che si ha a disposizione, dall'uso che se ne deve fare e da quanto si è intenditori di vini.
In generale i vini bianchi devono essere conservati a temperature più basse rispetto ai rossi. I vini frizzanti o bollicine, con fermentazione naturale o meno, vanno tenuti ancora più al freddo. La temperatura perfetta si aggira intorno agli 11-12 gradi. Da non sottovalutare poi il livello di umidità, che deve essere alto ma non totale: tra il 60 ed il 70% si situa il range ottimo per il Prosecco. Una cantinetta elettrica ha il pregio di poter essere regolata con il grado di temperatura e umidità desiderati, e inoltre può essere impostata anche con la luce che si ritiene più opportuna, in modo da non alterare le proprietà organolettiche del nostro Prosecco.
Chi è appassionato di vini avrà sicuramente sentito già parlare del “decanter”, uno strumento che molti ritengono utile (e alcuni altri solo scenografico) che aiuta ad "estrarre" determinate caratteristiche da particolari vini che necessitano maggiore ossigenazione. Se siete comunque curiosi di sapere qual è lo specifico utilizzo di un decanter e quali sono le "correnti di pensiero" dei vari esperti, qui vi diamo tutte le indicazioni.
Anche se c'è chi utilizza il decanter esclusivamente per “fare scena”, ciò non toglie che si tratta di uno strumento funzionale per chi ama il vino e lo conosce alla perfezione. Partiamo da cos'è il decanter. Un decanter (parola francese che si riferisce al verbo italiano “decantare”) è un oggetto simile ad una brocca dalla base molto larga e dal collo molto lungo, in cui versare il vino. Spesso in cristallo - ma lo si trova anche in diversi tipi di vetro - serve a far decantare il vino. Ciò ci conduce a due utilizzi:
Attenzione, però: il decanter non va usato sempre, anzi! Talvolta i vini potrebbero essere rovinati dal passaggio in questo strumento. In questi casi infatti può bastare un calice ad hoc per raggiungere lo stesso obiettivo.
Non sempre dunque l'utilizzo del decanter è necessario, anzi, si fa sempre più forte e convinta la teoria che vada usato solo quando ci si trova di fronte a certe particolari tipologie di vini. Nel caso del vino bianco, ad esempio, se si tratta di un vino giovane, fino ad un anno e vinificato in acciaio il decanter non va assolutamente usato perché rovinerebbe la struttura fresca e vivace del vino stesso. Lo stesso vale per vini dai 2 ai 5 anni, sempre vinificati in acciaio, e per quelli di 5 anni vinificati in botte o in barrique. Si rivela più adatto, invece, quando il vino ha tra i 5 e i 10 anni, è stato vinificato in botte o in barrique e presenta dei sedimenti sul fondo se la bottiglia è stata tenuta in piedi, o lungo la parete se la bottiglia è stata conservata orizzontalmente. E per quanto riguarda i rosé? Per questi vini un passaggio in decanter consente di liberarsi di quegli aromi sgradevoli che lasciano i solfiti. Ciò vale in generale in tutti i vini che si desideri “affrancare” da un certo aroma di chiuso.
Questo prezioso strumento ad ampolla viene comunque spesso associato alla degustazione di vini rossi e corposi. Può sembrare pazzesco (e anche noi prendiamo le distanze da questo utilizzo), soprattutto negli ultimi tempi, molti sommelier hanno sdoganato il suo utilizzo anche per i vini bollicine, perfino per lo Champagne. A difesa di questa scelta, c'è chi dice che già in tempi antichi, per la creazione dello Champagne quest'ultimo veniva fatto decantare per separare i lieviti dalla bevanda, cosa che oggi non è più necessaria, perché questo processo avviene con la fermentazione meccanica. Quando perciò viene portata l'obiezione di non utilizzare un decanter per gli Champagne, o in generale per le bollicine nate da fermentazione da lieviti, c'è chi sostiene che le bollicine non vanno perse, bensì accentuate. Diverso il discorso, invece per i vini Prosecco che hanno subìto l'aggiunta di anidride carbonica: in questo caso le bollicine è sicuro che andrebbero perse dal passaggio in decanter, anziché essere sublimate.
E allora? Decanter si o decanter no? Il nostro consiglio è scegliere sulla base dei propri gusti e non sui dogmi che, spesso, sono anche legate a mode e correnti di pensiero che il tempo inesorabilmente mette in discussione.
In occasione delle feste natalizie 2020, gli italiani non si fanno scoraggiare dalle restrizioni dovute a causa del Covid 19, e decidono comunque di brindare. Come? Con le bollicine Made in Italy, prime fra tutti quelle del Prosecco Doc e Docg. Vediamo allora nei dettagli quali sono i vini spumanti più venduti (e di conseguenza più acquistati) nel nostro Paese e come possono essere bevuti accanto alle pietanze tipicamente natalizie.
Proprio così: dagli italiani i vini spumanti vengono considerati simbolo di festeggiamenti, e vengono stappati in numeri che non accennano a calare, anche nonostante il periodo di forti limitazioni e di un'atmosfera sottotono. Quest'anno, perciò, basta con lo Champagne: si fa di tutto per sostenere la propria economia, e i vini spumanti (Prosecco in prima linea) ne sono grande testimonianza. A questo proposito è interessante leggere i risultati di un sondaggio che la Uiv, l'Unione italiana dei vini, ha portato avanti insieme con la rete rurale nazionale Ismea. Risultati che parlano di aumenti sulla vendita di vini spumante da parte dei produttori italiani (273 milioni di bottiglie, con un rialzo dell'1,3% rispetto al 2019) e di questi 74 milioni vengono acquistati solo in Italia. Del resto, gli spumanti italiani sono davvero tanti e di tante tipologie diverse, per cui c'è solo l'imbarazzo della scelta nell'acquisto.
Il primato spetta dunque al Prosecco. Ricordiamo che si tratta di un distretto produttivo che ha fatto quasi dei miracoli in questi ultimi anni. Non a caso è stato insignito della grande onorificenza di essere Patrimonio mondiale dell'Unesco. Oggi sono 1150 le cantine che sono anche aziende vitivinicole in zona, con 350 case spumantistiche. All'interno dei vini Prosecco una bella fetta di vendite spetta anche al nuovo arrivato del Prosecco Rosé, che sta conquistando sempre più appassionati entusiasti del prodotto. Seguono in classifica gli spumanti di Franciacorta, realizzati con metodo classico, con uve Chardonnay e Pinot Nero (ricordiamo le denominazioni dell'Oltrepò Pavese e del Trento Doc). Accanto a questi due grandi classici vanno poi inserite le tipologie autoctone che si sono convertite anche alle bollicine. Pensiamo, ad esempio, ai vini rossi e rosati pugliesi, oppure al Lambrusco Emiliano, altro vino che ormai va sempre più sulle tavole di Natale.
La clientela tipica del Prosecco, o in generale dei vini bollicine, cioè coloro che li apprezzano di più, è data dalle donne e dai giovani. Insomma, l'identikit del consumatore ideale, secondo i dati resi noti da Wine Intelligence lo scorso mese di novembre, ha a che fare soprattutto con i Millennials, che vantano molta confidenza con l'e-commerce, e affidano a questo canale anche l'acquisto dei vini bollicine.
Una volta acquistato il Prosecco come va bevuto? Come lo si accosta alle pietanze natalizie? Fermo restando l'assunto che ognuno deve agire secondo i propri gusti (perché non deve essere una dittatura quella dello spumante dolce con il panettone!) è buona norma tenere conto del grado zuccherino di un Prosecco. In un articolo di qualche tempo fa su questo blogabbiamo parlato della differenza tra Prosecco Dosaggio zero (il più secco di tutti, perfetto con le pietanze di pesce), il Brut (un tantino più morbido del dosaggio zero), l'Extra Dry (il più versatile tra i Prosecchi), il Dry o Demi Sec e infine il Dolce, il più zuccherino in assoluto, adattissimo ad accompagnare i dessert.
Quando il Natale si fa più vicino inevitabilmente ci sarà qualcuno che non ha ancora deciso quali regali prendere. Sia che si tratti di mancanza di tempo o di voglia di impegnarsi nella ricerca, resta il fatto che sono in molti a non avere la più pallida idea di cosa regalare sotto l'albero. Un'idea che può mettere tutti d'accordo ha (inaspettatamente?) a che fare con il Prosecco. Piace a tutti, e anche a chi non piace resta un regalo gradito da poter offrire agli ospiti. Ecco allora perché regalare delle bottiglie di Prosecco a Natale può davvero risultare un'idea geniale.
Il Prosecco si conferma tra i vini bollicine più acquistati al mondo. Ci sarà un motivo, no? Già, regalare un vino a Natale è un'idea interessante, ma con i vini fermi o con certi rossi si rischia di sbagliare. Un Prosecco, invece, può essere considerato un passpartout. Il motivo? Piace praticamente a tutti (anche a chi ne beve appena un goccio) e quando non piace può essere comunque offerto. Una bottiglia di Prosecco dà poi immediatamente il sentore di festa, minimalista o sopra le righe che sia. Presentarsi con un regalo come una o più bottiglie di un buon Prosecco Docg italiano, poi, metterà le persone di buonumore.
Arrivare a casa degli amici, dei suoceri, del capo aziendale con una bottiglia di Prosecco ben scelto mette in buona luce, questo è chiaro. È, insomma, un dono che viene apprezzato in maniera universale. Sarebbe buona abitudine prestare attenzione, però, ai gusti delle persone che ricevono il regalo. Se si tratta di amici che hanno alte aspettative in termini di vino, consigliamo il nostro Prosecco Superiore Spumante Brut D.O.C.G. Cuvée, prosecco ottenuto selezionando le uve di alta collina della zona di Valdobbiadene. Se stiamo regalando prosecco a chi solitamente pasteggia bollicine fuori pasto o come base per cocktail alla frutta con il dessert e la frutta fresca, consigliamo un Extra Dry di qualità come il nostro Prosecco Superiore Spumante Extra Dry D.O.C.G. Millesimato.
Un altro motivo per cui regalare un Prosecco può essere un'idea vincente ha a che fare con il festeggiamento di un'occasione importante. Un buon Prosecco è perfetto per sancire l'ufficialità di un'occasione o di un evento, quale può essere un anniversario, un compleanno importante, una promozione in azienda o, appunto Natale e Capodanno.
A Natale sale la voglia di bollicine, questo è un fatto. I numeri ogni anno parlano chiaro, ponendo i vini spumanti come Prosecco e Franciacorta come i più scelti per i regali di fine anno tra i vini. Come del resto sottolinea anche l'Osservatorio Statistico economico sui mercati, “Nei giorni di festa, il consumo delle bollicine italiane, nonostante l'Era Covid, ha tatalizzato un giro d’affari di milioni di euro. In netto calo, invece, lo Champagne. Preferiti gli aromatici secchi, rispetto ai tradizionali dolci. Il panettone piace anche con un brut”.
Lo scorso 25 novembre può essere considerato come un giorno da inserire nella storia del vino Prosecco. Il nuovo arrivato, infatti, il Rosé, è stato ufficialmente presentato dal Consorzio di Tutela del Prosecco Doc alla stampa internazionale e a tutti i canali di comunicazione. Questo significa che a partire da quella data il Prosecco Rosé può essere venduto ovunque con il marchio registrato. In vista del Natale 2020, anno molto particolare e da considerare un caso nel panorama delle vendite, ecco un po' di numeri* che possono far rendere conto dello stato dell'arte di questo vino bollicine davvero speciale.
Il primo numero che va sottolineato è quello delle 85 aziende del territorio votato alla coltivazione delle uve da Prosecco coinvolte nella produzione del Prosecco Rosé Doc. Queste hanno contribuito alla realizzazione ed imbottigliamento di ben 12,2 milioni di bottiglie di Rosé. Le stime, però, sono al rialzo, visto che si prevede entro la fine del 2020 di arrivare alla produzione di 20 milioni di bottiglie. Non solo: per il 2021 le stime sono addirittura raddoppiate. Ecco che dunque si pensa ad imbottigliare e vendere durante il prossimo anno 40 o 50 milioni di bottiglie di Prosecco Rosé Doc. La quota di partecipazione dell'Italia, in questo contesto di prospetto delle vendite, si attesta sul 15-20%, mentre la parte del leone la fa l'export verso i Paesi esteri, con l'80-85%. A questo proposito si punta su sei mercati in particolare: Stati Uniti e Regno Unito innanzitutto, poi Canada e Paesi del Nord Europa, seguiti a sorpresa dalla Francia (e non dalla Germania) e Asia dell'Est.
Nelle previsioni delle aziende produttrici di Prosecco Rosé Doc non sono state trascurate le considerazioni sui canali di vendita. La parte della protagonista la fa la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), con il 55-60% del totale delle vendite. Al secondo posto viene il canale Horeca (Hotel, Ristoranti, Caffé e Catering), con una quota che arriva fino al 35% della distribuzione. Seguono un 10-15% per i canali dell'e-commerce e un 1% per le vendite dirette in cantina o aziende vitivinicole.
Un vino Prosecco Rosé Doc è diverso dagli altri vini rosé frizzanti generici e va saputo riconoscere. Ecco qualche dritta per farlo senza sbagliarsi. Prima di tutto occorre sapere che questa tipologia di Prosecco viene prodotta esclusivamente nella tipologia “Spumante” e solo come Brut Nature o Extra Dry: altri contenuti zuccherini non vengono contemplati. Ha poi la dicitura “Millesimato”, dovuta al fatto che almeno l'85% delle uve con cui è stato prodotto debbano appartenere alla stessa annata (dato riportato sull'etichetta). L'etichetta riporta inoltre il marchio di autenticità, al fine di evitare contraffazioni. Le uve con cui viene prodotto il Prosecco Rosé sono quelle del vitigno Glera all'85% (quelle del Prosecco classico, per intenderci) con in più una parte di Pinot Nero per il 10-15%. Va tenuto conto poi del fatto che il metodo di fermentazione è quello naturale, Martinotti o Charmat. Per quanto riguarda il gusto, infine, il Prosecco Rosé è più rotondo rispetto al Prosecco Classico, e in esso vengono accentuati gli accordi fruttati (frutti rossi, ma anche mele e agrumi).
*I dati che si possono leggere in questo articolo sono stati raccolti da fonti ufficiali e da sondaggi effettuati dal Consorzio di Tutela del Prosecco Doc alle aziende produttrici.
Ogni anno Assoenologi, l'associazione di categoria che riunisce gli enologi e gli operatori italiani del settore vitivinicolo, celebra una giornata congressuale, con convegni e lo stato dell'arte sul comparto. L'edizione del 2020, svoltasi domenica 22 novembre, è stata la prima ad essere divulgata in remoto, con lo streaming, ma ha decretato una certezza: il successo planetario del vino Prosecco. Ecco qualche dettaglio su come è andata.
La 75esima edizione della Giornata congressuale di Assoenologi è stata dunque la prima ad essersi svolta in remoto dai primi incontri dell'associazione, nel 1946. In realtà si è trattato di un vero successo, tanto che gli organizzatori si sono convinti di investire anche nei prossimi anni su questa forma di comunicazione e divulgazione. L'edizione è stata quasi interamente dedicata al Prosecco e al “case history” di questo vino, tanto che la stessa Assoenologi lo ha definito “un vero e proprio fenomeno italiano”. Sono state ripercorse le tappe storiche del bollicine italiano più famoso, fino alla conclusione di non disperdersi, in futuro, con competizioni “interne” tra le tre denominazioni, trovando unità nella diversità. L'impegno da parte degli imprenditori vitivinicoli è stato ricordato anche dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, il quale ha sottolineato come proprio grazie a questa dedizione “Solo dieci anni fa si producevano 57 milioni di bottiglie di Conegliano Valdobbiadene Doc e 160 milioni di prosecco Igt, mentre oggi siamo a 600 milioni in totale”.
L'aumento della produzione di Prosecco non deve far perdere di vista il discorso sull'ecosostenibilità ambientale. Ne è convinto, almeno, Massimiliano Fedriga, il presidente dell'altra regione protagonista della produzione di questo vino: il Friuli Venezia Giulia. “Il valore al litro del Prosecco va da 1,65 a 1,75 euro – dice Fedriga - un euro in più rispetto a quanto pagato per il Pinot grigio Delle Venezie. La sfida ora si gioca sulla sostenibilità ambientale per la tutela del territorio per tenere alto il valore delle produzioni. Insieme all’innalzamento della qualità, che stiamo perseguendo finanziando impianti di spumantizzazione in loco, è un fattore decisivo, su cui agire anticipando le linee tracciate dall’Europa, e importante anche in termini di marketing”.
A dispetto del periodo di pandemia globale che ha investito tutti i comparti produttivi e commerciali, tra cui quello enologico, e del conseguente calo delle vendite, per il Prosecco si prospetta un futuro roseo, a patto che ci si riappropri delle tre denominazioni (Doc, Docg Conegliano Valdobbiadene e Docg Asolo) e si cerchi di appianare le competizioni interne. Secondo Franco Adami, ex presidente del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Docg, e attualmente uno dei maggiori imprenditori del settore, “è necessario, oggi più che mai, fare squadra”. In conclusione, si può certamente concordare con le parole dell'attuale presidente del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Docg, Innocente Nardi: “Il nostro obiettivo è quello di trasformare il Prosecco in un prodotto iconico, culturale. Il riconoscimento Unesco, l’eliminazione del glifosate sul nostro territorio, l’area più ampia a livello europeo, hanno questa logica. Oggi il consumatore deve sapere che a fronte di cento bottiglie di Prosecco vendute nel mondo, 82 sono di Prosecco Doc, 16 di Conegliano Valdobbiadene e 2 di Asolo. Il nostro futuro sta nel dare valore alla nostra produzione: questi 600 milioni di bottiglie chiamate genericamente Prosecco devono essere messe sul mercato secondo una logica di segmentazione del posizionamento per garantire il livello qualitativo e raccontare le specificità dei singoli territori”.
Qual è la differenza tra Prosecco e Champagne? Dal momento che sono molti – tra i meno esperti - che se lo chiedono, rispondiamo volentieri a questa domanda. In questo articolo, pertanto, vi sveliamo le grandi differenze tra le 2.
Così come accade per il Franciacorta, anche nel percepire le differenze tra Prosecco e Champagne un non addetto ai lavori o semplicemente un non appassionato di vini bollicine, potrebbe decretare che, alla fine, tutta questa differenza non venga percepita. Niente di più sbagliato! Prosecco e Champagne rappresentano infatti due mondi distinti e completamente separati, due universi molto distanti le cui similitudini si esauriscono nell'essere vini effervescenti, nel tendere al secco piuttosto che al dolce (e comunque per il Prosecco abbiamo anche versioni molto zuccherine, come si può leggere dall'articolo che abbiamo dedicato all'argomento) e nell'essere vini europei. Punto. Il resto è costituito da grandissime differenze. Sia chiaro, paragonare Prosecchi e Champagne è come mettere a confronto mele e patate. A queste persone possiamo ribattere affermando innanzitutto che ci sono varietà di Prosecco (pensiamo al Cartizze o al Rive) che non hanno niente da invidiare allo Champagne, e in secondo luogo che le vendite di Prosecco hanno superato quelle dello Champagne nel mondo, conquistando lo scettro di “bollicine” più amato.
Entriamo dunque nel vivo del contendere. La prima differenza di cui si deve dar nota, quando si parla di questi due vini, sta nella zona di produzione. Il Prosecco si produce in Italia, in Veneto e Friuli Venezia Giulia, rispettivamente in 15 e in 9 Comuni ben precisi, in territori piuttosto circoscritti, soprattutto nel caso del Conegliano-Valdobbiadene. Il vitigno di partenza è in larga parte da uve Glera. Lo Champagne invece viene prodotto in quattro grandi regioni della Francia: Cote Des Bar, per i vini a base Chardonnay; Cote Des Blanc per quanto riguarda la produzione dei Blanc de Blancs; Montagne de Reims, per gli Champagne a base Pinot nero; e infine Vallée de la Marne. Si capisce, dunque, come anche i vitigni differiscano, con conseguente varietà di sapori e aromi.
Oltre alle zone di produzione, un'altra differenza sostanziale tra Prosecco e Champagne riguarda i metodi di produzione. Lo Champagne si avvicina, nella metodologia e nella fermentazione, proprio al Franciacorta, in quanto il metodo di fermentazione è il cosiddetto Champenoise, o metodo Classico, con seconda fermentazione in bottiglia. Il Prosecco invece, sebbene prodotto anche con metodo Classico, presenta una più larga produzione attraverso metodo Martinotti o Charmat, cioè con seconda fermentazione in autoclave d'acciaio. Il tempo di fermentazione risulta anche più veloce, con una media di sei mesi rispetto a quelli più lunghi dello Champagne (dai 18 ai 30 mesi) che consente quindi ai lieviti di fermentare più agevolmente con una differenza anche nella quantità di anidride carbonica.
Altre differenze possono essere infine ricavate dal sapore e dagli aromi dei due vini, oltre che dai prezzi. Il Prosecco risulta essere dunque più fresco, fruttato e vivace, mentre gli Champagne hanno bollicine più piccole, dalla risalita più lenta, sono molto secchi e dal retrogusto speziato. Per quanto riguarda il prezzo invece, bisogna dire che mentre una bottiglia di Champagne parte dai 30 euro, il prezzo medio di un buon Prosecco va intorno ai 8/9 euro, pertanto sicuramente più economico.
L'Unione europea ha approvato la tipologia rosé di Prosecco, accettando anche una modifica al disciplinare di produzione. La notizia l'ha comunicata Coldiretti a tutti gli addetti del settore, annunciando l'approvazione non solo alla produzione ma anche all'esportazione. Il via libera lo si trova pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, attraverso la circolare C 362/26 del 28 ottobre. In poche parole il Prosecco rosé sarà venduto anche all'estero e potrà essere bevuto già a Capodanno in tutta Europa e nel mondo, nonostante dei possibili futuri lockdown.
Il Consorzio di tutela del Prosecco Doc (oggi composto da 11.460 produttori, 1.192 case produttrici e 347 case spumantistiche) nel maggio dello scorso anno (2019) approvò una modifica al disciplinare di produzione, in modo da inserire nella composizione del Prosecco anche il vitigno Pinot Nero. In questo modo il vino avrebbe assunto una diversa colorazione e sfumatura, e diversi sentori, tipici di un rosé. Decisione mai condivisa dal Consorzio del Prosecco superiore di Conegliano Valdobbiadene Docg, va detto, che ha sempre temuto di svilire la qualità del bollicine più famoso d'Italia. Per tutti gli altri invece, Coldiretti compresa, si tratta di un ulteriore arricchimento, dal punto di vista qualitativo ed economico. Con l'approvazione anche da parte dell'Ue e la pubblicazione di quest'ultima nella relativa Gazzetta Ufficiale, dal prossimo 1 gennaio sarà dunque possibile vendere Prosecco rosé ovunque.
Il Prosecco è un vino che non conosce crisi, nonostante un 2020 difficilissimo per tutti i settori, enologia inclusa. In realtà dai dati Coldiretti si evince che il valore delle vendite da gennaio a luglio di questo anno ammonta a circa 533 milioni di euro. In leggera flessione rispetto agli anni precedenti, visto che per la prima volta dopo trent'anni, c'è un calo, che si attesta sul 3%. Questi numeri però, considerato il lockdown primaverile e il fatto che ci sia stato uno stop a cerimonie, oltre alla chiusura dei bar e dei ristoranti, possono essere considerati davvero eccezionali. Il Prosecco rosé potrebbe perciò rappresentare un ulteriore volano per le esportazioni. Le aspettative riguardano infatti la vendita di 50 milioni di bottiglie (il 10% dell'intera produzione di Prosecco) da piazzare sul mercato internazionale. Per quest'anno però, secondo quanto previsto dal Consorzio Prosecco Doc, si potrà contare su 20 milioni di bottiglie che saranno esportate soprattutto verso il Regno Unito, Paesi nordeuropei e Stati Uniti. Dal prossimo anno si potrà raggiungere la cifra obiettivo dei 50 milioni.
Parole di soddisfazione sono arrivate anche dalla ministra per le Politiche Agricole e Forestali, Teresa Bellanova. “Il via libero europeo al disciplinare di produzione del Prosecco Doc Rosè con la modifica da noi richiesta, che rende possibile contare sulla nuova tipologia, è un’ottima notizia – ha detto - Essa consente ai produttori di un vino che da sempre oltre confine riscuote uno straordinario successo, di presidiare e conquistare un mercato sempre più ampio e che negli ultimi anni ha registrato una crescita sempre più importante in termini economici e di quantitativi”. La titolare del ministero dell'Agricoltura sottolinea anche come l'immissione in commercio del Prosecco rosé“sarà traino per l’intero sistema vitivinicolo nazionale che a causa della pandemia ha registrato una contrazione del valore delle vendite all’estero dopo il record fatto segnare lo scorso anno con oltre 6 mld di euro e che sta soffrendo in modo evidente anche per gli evidenti problemi che il canale della ristorazione sta affrontando”.