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Se ne parlava già da diverso tempo, ormai, ma alla fine il Prosecco Rosé ha un suo posto riconosciuto all'interno del Disciplinare dedicato a questo vino spumante. La modifica è infatti stata pubblicata mercoledì 12 agosto in Gazzetta Ufficiale, con tanto di denominazione Doc. Con buona pace dei puristi, che invece erano contro questa decisione. La decisione viene però incontro alle istanze dei molti produttori, che purtroppo hanno dovuto affrontare questa prima metà del 2020 in perdita, e che perciò ora tirano un sospiro di sollievo. Per quanto riguarda le vendite bisognerà aspettare il prossimo 12 ottobre, quando il Prosecco Rosé sarà sugli scaffali di tutti i supermercati come Doc Rosé. Un mese dopo, inoltre, sarà pronto anche per le esportazioni verso i Paesi esteri.
Questa la promessa: produrre 90 milioni di bottiglie di Prosecco Rosè nei prossimi due anni. I produttori di vino Prosecco Doc hanno però l'obbligo di utilizzare prima il vino prodotto nel 2019. Secondo gli stessi produttori la cifra di produzione delle bottiglie si attesterà per i prossimi due o tre mesi fino ai 15 milioni. La promessa è comunque un'altra: arrivare a 90 milioni di bottiglie e più nei prossimi due anni, fino cioè al 2022. La notizia dell'esordio del Prosecco Rosé all'interno del Disciplinare e della successiva commercializzazione ha dato perciò una spinta di entusiasmo ai produttori di questo vino, che non hanno esitato a promuovere nuovi investimenti. Packaging e stoccaggio sono dunque le nuove spese degli imprenditori, i quali assicurano che, nell'attesa dei codici e delle norme per l'imbottigliamento, stanno assistendo già al tutto esaurito nelle prenotazioni del bollicine rosato. Si tratta di una vera e propria sfida per il Consorzio Doc. Il prezzo di una bottiglia di Prosecco Rosé sarà, in ogni caso, un po' più alto rispetto ad un Prosecco classico (sugli 8/10 euro in media per bottiglia).
Di Prosecco Rosé Doc con relativa modifica del Disciplinare si parlava già da anni e molte sono state le controversie affrontate, con uno schieramento quasi in fazioni. Da una parte i puristi del Prosecco (in particolare i produttori dei Docg e anche una larga fetta del Consorzio Doc, contrariati soprattutto dall'aggettivo di denominazione apposto), dall'altra i fautori di questa piccola/grande rivoluzione. Quello che proprio i puristi del Prosecco non riuscivano a sopportare è che il vino ottenuto dai vitigni Glera può essere addizionato di Pinot Nero, quello che cioè diventa il responsabile della colorazione rosata. In questo modo, dicono, si va a snaturare un prodotto tipico di un territorio, che viene automaticamente svilito perché il Pinot Nero è un vitigno internazionale. Un'operazione di puro marketing, si era dunque decretato. Ad avere la meglio, però, è stata la considerazione che il Prosecco Rosé esiste già da tempo, seppur senza riconoscimento da parte del Consorzio e del Disciplinare, e riscuote enorme successo all'estero, in particolare in Paesi come Gran Bretagna ed America del Nord (Stati Uniti e Canada). Si è trattato così di rendere semplicemente ufficiale un dato di fatto.
Molti sono stati gli imprevisti e le difficoltà che i promotori del Prosecco Rosé Doc hanno dovuto affrontare per raggiungere l'obiettivo della denominazione. Tra queste, l'avanzare del falso “Pearsecco”, venduto soprattutto all'estero (proprio come era accaduto per il “Parmesan” contro il Parmigiano Reggiano) e la trattativa con gli svedesi, intenzionati ad acquistare un grosso quantitativo di bottiglie, ma ad un prezzo irrisorio (2,40 euro alla bottiglia). Senza contare il ricorso effettuato dai produttori di Prosecco del Friuli. Alla fine tutto si è concluso per il meglio, con il risultato del riconoscimento del Prosecco Rosé dal Disciplinare.